Malawi-Tanzania: da Lilongwe a Dar Es Salaam
da Lilongwe a Dar Es Salaam
di Ire&Luca
Da Lilongwe a Dar Es Salaam ci vogliono quasi 2 giorni, senza soste, di pullman, che parte dall’old town della capitale malawiana in mezzo al caos di vecchi rottami, venditori, passanti, polvere e puzza di bruciato; qui transitiamo solo per ritirare del legname in una segheria. E’ il punto di partenza e di arrivo per il nord e il sud del paese, per città come Zomba e Blantyre. Proprio l’altro ieri si parlava, con Stefano e Francesca, della moglie di Elson, che sarebbe arrivata con un pullman alle 4.00 di notte e si sarebbe fermata lì, nella città vecchia, nel buio della notte, ad aspettare il marito che l’andasse a prendere con la bicicletta da fuori città non prima della luce dell’alba. Certo, a noi può sembrare imprudente… mai abbastanza incomprensibile come comprare un televisore senza avere la corrente per poterlo accendere! forse si aspettano che prima o poi la corrente arriverà… forse è solo pensare tipicamente africano! Lasciamo questa parte di città e, in coda sulla strada principale, dobbiamo raggiungere un paio di supermercati dove fare scorte prima della partenza verso nord.
La nostra traversata non durerà 2 giorni ma circa 2 settimane; i 1.500 km che ci separano da Dar si possono percorrere lungo la costa del lago Malawi oppure più all’interno attraversando gli altopiani di Viphya, in una parte remota di paese, ai nostri occhi, e non solo, quasi dimenticata. Scegliamo la strada più interna, e mentre saliamo, seguendo la Rift Valley, il paesaggio si fa a poco a poco più verde, anche se la stagione delle piogge è finita da oltre un mese, e il sole e il clima fresco hanno già seccato l’erba e spogliato molti alberi. A più di 1500 m attraversiamo l’altopiano meridionale di Viphya tra foreste indigene e boschi, per la maggioranza di pini per legname da taglio, e ci addentriamo in uno sterrato lungo una decina di Km che ci porta al lodge dove dormiremo per un paio di notti. Il posto ha una bella vista sul lago e l’aria trasandata come il gestore, che ci fa alloggiare in una vecchia casa coloniale, carina e un po’ malmessa. Il clima è decisamente freddo! la mattina bisogna coprirsi con tutto quello che abbiamo portato con noi. In camminata, seguiamo alcuni sentieri tra bosco e foresta cercando di avvistare le numerose specie di uccelli, alcune delle quali si possono vedere solo qui. Più tardi, scopro su una guida che questo diventa il punto di arrivo di una maratona internazionale di mountan bike che viene organizzata ogni anno e si snoda su un percorso di oltre 40 Km.
Raggiungiamo Mzuzu in qualche ora, una delle più tranquille città del Malawi, sicuramente la più importante della zona settentrionale, tant’è che si è appena tenuto un convegno del presidente del paese. Bingu wa Mutharika è stato rieletto dopo lo svolgimento delle elezioni solo qualche settimana fa. Al Sunbird hotel è ancora allestito il tendone con le sedie e la pubblicità, il parcheggio è ancora pieno di auto nuove e lussuose e al buffet tanti diplomatici e tante donne, mogli di diplomatici e politici. Ci serve un posto per dormire e tutte le strutture, anche quelle nelle zone periferiche, sono occupate… è un tutto esaurito che mi ricorda una volta qualche anno fa… solo che in quella circostanza non avevamo con noi le tende a salvarci e soprattutto un posto sicuro per montarle! Qui invece ce la caviamo con il prato soffice di una guest house e la ragazza che ha in gestione la casa ci lascia usare la cucina per prepararci una pasta. Ci racconta che i proprietari sono gli stessi delle piantagioni di caffè (famoso il caffè di Mzuzu!) e che la casa ospita tre camere (anche queste andrebbero sistemate…) la tenda tutto sommato è meglio e il clima è fantastico. Prima di lasciare la cittadina, facciamo un giro la mattina seguente e mentre Francesca e Stefano tentano un collegamento internet, io e Luca visitiamo una scuola. E’ la “Christ Church” e comprende una chiesa ovviamente, la primary school e la nursery; il vicepreside, un uomo distinto e gentile, ci accoglie e ci accompagna, una dopo l’altra nelle classi, presentandoci all’insegnante di turno e ai bambini. In questa scuola portano una divisa verde e l’elevato numero degli alunni ha portato a ricavare due classi nel retro della chiesa. Noi siamo contenti dell’accoglienza calorosa e soprattutto curiosi, spieghiamo da dove veniamo e cosa facciamo in giro per il Malawi e ovviamente scattiamo foto. Nonostante la scuola non abbia niente in più di vecchi banchi e lavagne notiamo una disciplina e un’educazione ormai dimenticata nella nostre scuole. Prima di andarcene firmiamo il registro dei visitatori e promettiamo di spedire qualche foto una volta rientrati in Italia.
Proseguiamo, dopo esserci lasciati alle spalle la cittadina di Rumphi, deviando verso ovest per Waza Marsh, un vasto territorio protetto e semisconosciuto, ex riserva di caccia chiusa da una trentina di anni, che si estende fino al confine con lo Zambia, una delle zone meno conosciute e visitate in territorio malawiano, nulla in confronto ai vicini parchi nazionali tanzaniani… in realtà le potenzialità ci sarebbero ma ad oggi mancano gli investimenti e il territorio è difficilmente esplorabile proprio perché non esiste nessuna pista all’interno da poter percorrere con un mezzo fuoristrada. Come alternativa è possibile affidarsi ad una guida locale per un walking safari che facciamo la mattina seguente. Dal campeggio, che gode di una vista spettacolare sul lago, nella piccola parte di parco a sud-est, costeggiamo la riva, tra l’erba gialla, la sabbia e il fango seccato con impresse le orme di elefanti e ippopotami, intorno babbuini, scimmie, uccelli acquatici, poi il bosco di miombo con alberi di brachystegia, mopane, mogano, marula, e le impronte di un leone, prova che anche se è raro avvistarlo… esiste! Restiamo fuori davanti al fuoco finchè non fa troppo freddo e poco dopo essere andati a dormire, veniamo svegliati dal rumore degli elefanti che strappano le foglie dalle piante intorno alle tende emettendo barriti da brividi… non li vediamo ma saranno forse una decina, restiamo all’erta immobili e impauriti. Le guide ci avevano avvisati che gli elefanti di Waza sono conosciuti per essere particolarmente pericolosi e aggressivi proprio perché vivendo a lungo (anche fino a 60 anni) molti esemplari sono ancora traumatizzati dalla caccia.
Riprendiamo la strada e attraversiamo da ovest verso est la stretta striscia di terra che ci separa dal lago, lungo meravigliose montagne coperte di foresta. Se non fosse che siamo in un paese rurale e tra i più poveri d’africa, questa diventerebbe una delle più celebri strade panoramiche al mondo, di quelle che trovi nelle classifiche degli itinerari da non perdere, con tanto di scenic view e cose di questo genere che attirano i turisti. Invece non è nulla di tutto ciò ma comunque spettacolare, s’incontra solo qualche camion, alcuni guasti, con il motore aperto, come fossero nel bel mezzo di un’operazione chirurgica, e una land rover di bianchi che si ferma al bivio per Livingstonia. Al posto di blocco anche noi ci fermiamo per un attimo, cerco di scorgere da lontano in alto sulle montagne qualche costruzione che potrebbe appartenere alla famosa missione, ma in mezzo alla vegetazione non si vede nulla. Gli scorci che ci regala il lago dall’alto sono incantevoli e mentre scendiamo la strada, si alterna qualche campo coltivato qua e là e piccoli villaggi di pescatori. Per passare la notte e qualche giorno di riposo ci fermiamo alla Sangilo Peninsula, un posto tranquillo sulla costa. Ci sono deliziose casette su palafitte a picco sul lago e una piccola caletta di sabbia; in questo come altri posti in Malawi a conduzione familiare, ci sono dei bianchi, inglesi, la moglie impegnata in un progetto di cooperazione internazionale e il marito nella gestione del lodge. E’ curioso notare che in ogni stanza è appeso un avviso che invita a non sprecare l’acqua, con l’attenzione verso l’ambiente, in particolare alle risorse idriche, visto che l’acqua viene pompata dal lago… però al posto di una pompa funzionante, l’acqua viene trasportata in taniche a mano dal personale del lodge! Non avranno più soldi per comprare una nuova pompa o saranno in attesa di una riparazione?!
Tra i tanti progetti sponsorizzati dalla Comunità Europea, ce n’è uno ben riuscito a Karonga, ultima cittadina del Malawi prima del confine; grazie agli importanti ritrovamenti preistorici è nato il Cultural Centre Museum che ripercorre la storia di questa terra, facendo un salto nella linea del tempo, dai fossili di esseri viventi ormai scomparsi ai resti di ominidi risalenti a più di 2,5 milioni di anni fa, fino alla colonizzazione e all’indipendenza dell’epoca contemporanea. Ci dicono che si tratta dell’unico museo nel suo genere in tutto il paese, anche per questo merita la visita.
Solo il fiume Songwe divide il Malawi dalla Tanzania. Passata la frontiera, con le solite formalità di visto e passaporto, ci ritroviamo tra ampi spiragli di verde caratteristici del cuore dell’Africa e tra altopiani sempre più spettacolari… è la Tanzania del sud, ancora abbastanza selvaggia e meno turistica del circuito nord. Restiamo subito affascinati dalla foresta indigena che ormai, è stata in gran parte trasformata in coltivazioni di banani. Sicuramente la produzione di frutta e ortaggi è di molto superiore a quella malawiana appena sufficiente alla sussistenza della popolazione. I villaggi non sono più strettamente rurali ma brulicanti di tante piccole attività commerciali, in mezzo a una confusione quasi fastidiosa delle auto e dei camion alla quale non eravamo più abituati. Le abitazioni e le attività di vita quotidiana, come portare cesti pesanti sulla testa o lavorare la terra manualmente, sono rimaste immutate nel tempo, mentre sono arrivati in massa i mezzi di comunicazione dei paesi sviluppati. Segnali di una modernità discordante campeggiano sulle insegne gigantesche delle compagnie di comunicazioni Vodacom, Zantel… e nelle botteghe che vendono televisori e telefoni cellulari sotto capanne di fango, paglia e lamiera. Eppure in Tanzania, come altri paesi africani, non mancano le risorse, è ricca di risorse naturali, che vanno dal petrolio, alle pietre preziose, dalle riserve d’acqua dolce al mare, dagli scambi commerciali al turismo nei grandi parchi nazionali. Arriviamo a Mbeya, cittadina non bella ma sosta obbligata nel percorso fino a Iringa, e come gente di passaggio, troviamo una sistemazione per la notte in un motel dietro una stazione di carburante; il meglio che rimediamo sono le “superior room” al piano terra di una costruzione bassa in muratura e tetto in lamiera che si affaccia sul parcheggio interno. Abbiamo una lunga questione con i gestori del motel che prima sembrano disposti ad accettare i nostri dollari poi invece no vogliono solo moneta locale, fatto sta che l’indomani mattina cerchiamo una banca per cambiare in scellini tanzaniani. A volte ti capita di trovarti in un posto e sapere che sei lì solo per qualche ora e non ti viene da affezionarti a niente perché non vedi l’ora di lasciarlo… beh, questo è uno di quelli!
Ci rimettiamo in viaggio fino ad incontrare, ad una cinquantina di km prima di Iringa, l’indicazione di una vecchia fattoria con campeggio e camere. Il posto è talmente incantevole e tranquillo che decidiamo di fermarci per due notti; assaggiamo enormi bistecche alla griglia, le verdure fresche e le buonissime torte di cioccolato, banane e passion fruit. La fattoria oltre ad avere mandrie e vaste distese di campi, possiede anche un importante attività florovivaistica con coltivazioni di “syrius supernova” fiore ornamentale simile al cardo ma di colorazione blu, che qui viene impiantato, fatto crescere e reciso per essere poi esportato nei mercati europei dopo essere passato dall’asta dei fiori di Amsterdam. Più conosciute, forse sono le rose provenienti dal Kenya e che seguono la stessa sorte… allora non viene da chiedersi come può essere equo e sostenibile questo tipo di commercio?
Che la Tanzania fosse un mix di culture e popoli africani e orientali, lo sapevamo… e ne abbiamo avuto conferma appena arrivati a Iringa, città vivacissima a 1.600 m. Ci buttiamo dentro un ristorante indiano, al primo piano di un vecchio edificio con vista sull’incrocio affollato di gente a piedi, in bicicletta e che spinge carretti carichi di banane che andranno sui banchi del mercato coperto, straordinariamente ricco di frutta e verdura, qui si trovano le migliori ananas in circolazione oltre a papaye, limoni, pomodori e una grande varietà di fagioli e farine. Il mercato raccoglie i prodotti da tutta la regione… non possiamo perderci di fare scorta di frutta! è davvero il migliore mai trovato… alcune donne per vendere, stanno sedute in cima a vere montagne di patate, arance e limoni, altre dietro minuscoli banchi o direttamente per terra. Si riparte per un lungo tratto di strada, spettacolare, tra le foreste di acacie, baobab e da lontano l’imponente catena dei Monti Udzungwa. Si arriva dopo qualche ora al Mikumi National Park, un’area protetta che si estende dalle vaste pianure sino alle adiacenti colline e costituisce il completamento settentrionale dell’immensa Selous Game Riserve. Il Parco tutela diversi importanti habitat, dalle praterie, che s’inondano nella stagione delle piogge e alla savana, dove non è difficile incontrare impala, giraffe, elefanti e leoni, sino alle boscaglie spinose e le foreste tropicali delle zone collinari e montuose. Il parco non è affollato di visitatori e il safari è sempre un momento speciale di riavvicinamento con la natura e unico come solo in africa può essere: luce del tramonto, erba alta, silenzio interrotto solo dallo sbattere d’ali di un gufo o dall’urlo dei babbuini… e alla domanda “vivresti qui?” in questo momento la risposta non potrebbe essere che “assolutamente sì!”
Da un paradiso della natura al caos invivibile di Dar Es Salaam, il passo è breve, l’entrata in città è davvero sconvolgente, traffico disordinato, smog e caldo. Salutiamo Shukuru che scende dal truck carico di roba e proseguiamo verso il porto per imbarcarci sul traghetto. L’ora non è proprio la migliore, tra poco farà buio pesto, ci sono già le zanzare mentre ci troviamo fermi ad aspettare il traghetto, e il pensiero va inevitabilmente al rischio di prendere la malaria…. E’ la seconda volta, che io e Luca attraversiamo questa baia, per Francesca e Stefano… l’ennesima, ma la prima per tutti da quando è stato vietato ai passeggeri di traghettare a bordo dei propri mezzi, pertanto dobbiamo salire a piedi insieme a tutti gli altri passeggeri, in mezzo alla calca di venditori ragazzini, impiegati di banca in giacca e cravatta, donne coperte dal velo, gente che porta a casa un pollo o semplicemente il frutto di una giornata di lavoro. Non succede nulla di strano, se non che siamo noi la vera cosa strana a bordo e abbiamo centinaia di occhi puntati addosso! in poco tempo traghettiamo su questo vecchio barcone stipato di gente e arriviamo alla spiaggia. Felici, ma non troppo, di essere giunti a destinazione (questo significa che ci restano pochi giorni prima del rientro), montiamo la tenda di fronte al mare, vicino ad una famiglia danese con due bimbi piccoli in viaggio attraverso l’Africa da oltre un anno! Più in là, il camper di Paul e la moglie Maria, lei sudafricana e lui di origine svizzera ama rispolverare un vecchio italiano e intrattenerci raccontandoci aneddoti della sua vita. L’oceano indiano ci regala la magia di dolci serate, cullati da un cielo stellato, in compagnia di una buona Tasker, certi che la noia non ci appartiene…
Ai miei compagni di viaggio: Luca, Francesca, Stefano e Shukuru