Nella riserva di Mwabvi per i miei studi
di Valentina
Mi chiamo Valentina e sono una studentessa della Facoltà di lingue per la comunicazione internazionale di Sassari.
Durante il mese di ottobre ho vissuto un’esperienza unica presso la riserva di Mwabvi, nel sud del Malawi. Sono giunta in Africa grazie ad una borsa di studio universitaria che mi ha permesso di svolgere le ricerche per la tesi di laurea direttamente sul posto. Ho avuto pertanto la bellissima opportunità di conoscere e vivere in prima persona il lavoro che il Progetto Paw (Project African Wilderness) realizza giorno per giorno per conservare e proteggere questo territorio.
Il viaggio è stato lungo, ma lo rifarei di nuovo e con lo stesso entusiasmo con cui sono partita. Ad accogliermi alla base di Chipembere, ho trovato la famiglia Kerr, composta da: Barry, esperto di conservazione del territorio, Adele che si occupa della parte riguardante il marketing, le loro figlie Courtney e Kristen e la simpatica cagnetta Sasha.
Non appena giunta alla base, a sette ore di jeep da Lilongwe, ho avuto la sensazione di trovarmi in un posto fuori dal mondo, lontanissimo dalla società moderna. Questo luogo si raggiunge solo con il fuoristrada, percorrendo sentieri sterrati in mezzo alla vegetazione selvaggia e attraverso sperduti villaggi dove i bambini euforici, mi salutavano capanna dopo capanna. La base è composta di poche costruzioni e un accogliente dormitorio per i volontari come me con circa quattordici comodi posti letto. In questa grande stanza sono riuscita a trovare la mia intimità e a godere dei rumori della natura, grazie ai muri quasi interamente occupati dalle zanzariere, l’unica barriera che mi separava dall’esterno e che accompagnava alle mie orecchie ogni singolo suono dell’ambiente circostante. Mi trovavo distante anni luce dalla civilizzazione, dal caos assordante della modernità e da ogni cosa futile di cui sentiamo il bisogno incessante, ma di cui potremmo fare volentieri a meno. La bellezza di questo posto non è d’impatto immediato, né non ti sconvolge all’istante; è una bellezza differente, da contemplare adagio e senza fretta; ciò che mi ha affascinato della Riserva è stata l’opportunità di assaporare la quiete di uno spazio incontaminato e sapere che probabilmente tutto ciò è rimasto immutato nei secoli e ogni persona che vi giunge ha l’immensa fortuna di ammirarne l’essenza primordiale. La famiglia che risiede alla base è davvero ospitale e mi ha fatto sentire a casa in ogni momento; Barry è molto colto e avrei passato ore ad ascoltare i suoi racconti sulla Riserva e sui progetti che si possono portare avanti per preservarla, mentre Adele è una donna affabile, cordiale e dalla risata contagiosa e ha soddisfatto con un sorriso ogni mio singolo dubbio e richiesta riguardante le mie ricerche universitarie. A incorniciare questo gradevole quadretto, ci hanno pensato le loro due figlie; Courtney, un’adolescente dai modi gentili, dal carattere riservato e piacevole e Kristen, la bambina di undici anni più estroversa, spontanea e originale che io abbia mai conosciuto. Entrambe hanno riempito le mie giornate con i loro racconti, le loro risate e la loro sincera amicizia, che mi rimarrà impressa per sempre nella memoria.
Tra le attività che ho potuto osservare e documentare durante la mia permanenza a Mwabvi vi è l’attività di sostegno a favore degli orfani dei villaggi che circondano la riserva; il progetto Paw, infatti, non si esaurisce nella salvaguardia dell’ambiente, ma interviene anche a livello umanitario laddove ci siano bambini che a causa della perdita dei genitori si trovino in difficoltà. L’aspetto educazionale e di sostegno alle popolazioni è molto importante al fine di proteggere il territorio; solo insegnando ad esse quali benefici si ricavino dalla conservazione del territorio in cui vivono, si può assicurare un futuro ai loro figli e una totale salvaguardia della preziosa flora e fauna locali.
Nella Riserva inoltre è in fase di completamento un’area camping e un’area adibita ai lodges, in cui i visitatori possono sostare, nel pieno rispetto del territorio e contribuire pertanto a un possibile sviluppo eco-turistico della zona, indispensabile per trovare nuovi fondi per il progetto Paw. Nella costruzione di queste aree è stato coinvolto personale locale, in modo da portare dei benefici non solo alle loro famiglie, ma anche ai membri dei loro villaggi, grazie alla diffusione del sapere che accumulano in questa esperienza di lavoro.
Inoltre quando mi reco in un paese straniero, ciò che m’incuriosisce maggiormente è il lato umano e neppure durante questo mio incantevole soggiorno è mancato il contatto con la popolazione locale. La base di Chipembere è circondata da numerosi villaggi, per cui, socializzare con le persone non è difficile. Io e Kristen siamo riuscite a legare con molte donne e bambini, durante il periodo in cui andavamo ad aprire una fontana d’acqua dove le popolazioni del luogo si recano per lavarsi e per farne scorta. La prima impressione che sorge in mente davanti a queste persone è che, la comunicazione sarà difficile e ai limiti dell’impossibile, poiché parlano una lingua incomprensibile; ma è un errore, dopo pochi secondi, ti accorgi di quanto invece sia semplice e divertente rompere il ghiaccio e creare dei legami che vanno aldilà delle parole.
Grazie alle mie ricerche ho capito il meccanismo che sta alla base dell’organizzazione che porta avanti questo progetto e ho trovato tutto ciò molto utile al fine dei miei studi, poiché leggere le nozioni sui libri, è semplice e occupa poco tempo; ma recarsi sul posto, osservando e documentando con attenzione queste attività, è un’esperienza che ti arricchisce e ti fa assaporare il vero profumo di questa terra e ogni singolo minuto che le hai dedicato. Ho lasciato Chipembere con molta tristezza ma felice allo stesso tempo, per l’enorme soddisfazione e arricchimento personale che quest’ avventura mi ha lasciato dentro l’ anima.
Ma non finisce qui!!!
Per conoscere più a fondo l’ Africa, i suoi usi e costumi, ho deciso di intraprendere una spedizione tra Malawi e Zambia con Stefano e Francesca, meglio conosciuti come “il boss e la bossa”! Quello che ho visto e vissuto non è spiegabile a parole, ma ci proverò elencando le meraviglie che mi sono trovata davanti: la natura selvaggia, la gente che non ha nulla da ridere ma è spesso felice e cordiale, i giochi con i bambini in cui mi divertivo quasi più io che loro, i safari diurni e la vista di animali visti solo in televisione o sui libri, la jeep impantanata nel nulla e il “simpatico” autista Fred, i leoni a pochi metri, gli elefanti che passavano tranquilli nel campeggio, un ippopotamo che durante la notte è inciampato nelle nostre tende, le malefiche iene che sbranavano un’antilope appena fregata a un leopardo, una scimmia che è venuta a darmi la mano; i safari notturni in cerca dei predatori, le nuotate al lago con i cavalloni, l’incontro con i lavoratori in immense e verdissime piantagioni di the, la prima pioggia della stagione e la rarissima grandine, la mia raccolta di insetti verdi nella foresta per socializzare con i bambini, le visite ai villaggi più sperduti, i viaggi infiniti in truck in mezzo al nulla. E ancora, la guerra di battute con i compagni di viaggio, la divisione in giovanotti (capitanati da me) e anzianotti (capitanati dal boss), la ricerca imperterrita da parte di Ivo della pietra mineraria che gli cambierà la vita e la pacatezza di Nadia nell’ assisterlo; le incessanti battute di Anthony che davano colore a ogni discorso e la simpatia e compagnia di Stefania sino alle ore più tarde della notte (le 9), in qualità di uniche vere giovani che non volevano abbandonarsi al sonno come gli altri; il sorriso e la bontà di Lucia, mia compagna di tenda e di stanza, sempre mite e gradevole in ogni condizione fisica e ambientale; le risate “interne” di Leonardo, accompagnate da chiusure di occhi e orecchie e la mia ammirazione per il garbo e buone maniere di Evelina; la senilità senza speranza del mio fratello acquisito Marco e la sua ironia sempre gradita nonostante i miei attacchi; il rapporto amore e odio con il boss e il raggiungimento dell’ambito status di sua personale assistente fotografica, poiché è sempre meglio avere un giovane affianco quando l’ età avanza; e infine le sveglie di Francesca, puntualissime cinque minuti dopo che eravamo già partiti, le mie due domande che fecero tornare a galla la nascita del suo amore per il boss e la sua simpatia, da cui spero il boss prima o poi possa attingere. Tutto ciò ha contribuito a rendere meraviglioso il mio viaggio in Africa; ogni volta che penserò a questo mese passato nel continente nero, non potrò che rallegrarmi e riscaldarmi il cuore con inestimabili ricordi.